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RECENSIONI
Le tre anime di
Pia dagli anni 80 al 2007 Pia Broggio inizia a dipingere
alla fine degli anni Settanta e il suo stile,informale,si
carica di colore,delicato e leggero come lei,minuta artista
dai capelli rossi,dagli occhi azzurri. Col passare degli
anni, a poco a poco, il lavoro di Pia diviene più sensibile
e la delicatezza del suo tratto si impreziosisce, inglobando
frammenti di figura e versi di poesie del Novecento
francese, lingua che rimane sua, di elezione. Si cimenta
anche nella tecnica del collage, per riempire con brandelli
di vissuto e di memoria l’impalpabile habitat dell’astratto.
Oggi, sulla soglia della maturità, la pittura di Pia si
arricchisce di presenze e di evocazioni al limite del
figurativo: persino un autoritratto allo specchio, timido e
realistico al tempo stesso, si affaccia in questo nuovo
mondo che trabocca di bisogno di espressività e che trova
accenti commossi, luci, ombre sommesse come sospiri, per i
congedi e per gli accadimenti più sconvolgenti del pianeta.
In anni recenti, la seconda anima di Pia è quella che ha
ceduto alla tentazione di appropriarsi del grande gesto
pittorico della tradizione. Tele realizzate con sapienza
ripropongono capolavori di Corot, Courbet, Fontanesi, De
Pisis e stupiscono per la loro maestria, mentre ci
consentono di assaporare il ricordo di tempi ormai lontani. |
L’omaggio ai padri della pittura fra Ottocento e Novecento è umile e reverente ma, al tempo stesso, cela l’aspirazione al virtuosismo, la lusinga della sfida, mai completamente risolta, né compiuta, perché sempre sottilmente distorta dal disinganno dell’oggi, all’impossibilità di fare, di fronte al già fatto, al già detto, al già visto,
Ma, in una sorta di spontaneo contrappasso, o più semplicemente sotto un’irrefrenabile spinta ludica, oggi e da qualche tempo, Pia affianca a tutto questo una creatività gioiosa, figlia tardiva della pop art: è fatta di minuti montaggi di materiali compositi di ogni provenienza -bric à brac, vecchie sartorie, antichi e nuovi bijoux che rivivono come parti di piccole sculture o di installazioni in miniatura : da oggetti ”trovati” del quotidiano a nuovi soggetti, di fantasia o di memoria, boites à joujou dell’artista, che nell’esercizio paziente di questi micro-assemblaggi distilla la sua propria delizia, per la delizia nostra e dell’anima bambina che in ognuno si nasconde.
Pia Broggio è nata a Roma dove vive con la sua famiglia. Laureata in Lingue e letterature straniere, insegna Francese nella scuola media superiore.
Maria Lisa Monna
Viterbo, 16 marzo 2007
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15 luglio 2014 Mostra
“GENIO E SIMBOLISMO”
alla Tornatora Art
gallery
Le creazioni di oggetti
di bigiotteria,raffinati
ed eleganti,suscita nel
percorso di Pia Broggio
una ispirazione
particolare :quella di
Tradurre in arte la sua
fantasiosa creatività.
La composizione
armonica,elemento
fondamentale
dell’artigianato di
Pia,viene utilizzata per
comporre opere che
appartengono
all’arredamento di una
architettura moderna.
Sovrapposizione di
elementi plastici
trasparenti hanno un
rilievo artistico
d’avanguardia,poiché
costruiti secondo canoni
che sfuggono sia al
tradizionale impiego dei
materiali,sia
all’attrazione
cromatica. Pia Broggio
ha realizzato anche
nell’arte l’eleganza
compositiva di cui è
artefice nella
bigiotteria.
Prof.Claudio
Lepri-Critico d’Arte
11 dicembre 2014 Mostra
“ Un regalo per Natale”
alla Tornatora Art
gallery
Tre piani della
realtà,nell’opera
presentata da Pia
Broggio in una tecnica
mista con
sughero,caucciù e
resine.
Sono passaggi della vita
allestiti con armonia da
Pia Broggio,che
definisce con
composizioni di
raffinata ricerca le
fasi del percorso,dando
rilievo alla centralità
dell’opera,che deve
esprimere il passaggio
fondamentale.
Regalare armonia con
elementi di”arte povera”
è la ricchezza interiore
dell’artista,che mostra
disponibilità ad
analizzare le varie
sfaccettature
dell’esistenza.
Prof. Claudio Lepri-
Critico d’arte
2 luglio - 5 settembre
2015 - TORNATORA ART
GALLERY - Esposizione di
arte contemporanea
PANNELLI DI GRANDE
CLASSE , DOVE REGNA IL
SIMBOLISMO E L’ARMONIA
Il sintetismo e
l’armonia sono
caratteristiche
essenziali dei pannelli
in tecnica mista di Pia
Broggio,espressioni di
un’arte. Difficilmente
collocabile in una
definizione , e proprio
per questo motivo
originale e degna di
approfondito oggetto di
studio.
Preparata culturalmente,
ricca di stimolanti
fantasie che traduce in
mirabili composizioni,
Pia Broggio si interroga
sulle differenziazioni
che esplicano i due
emisferi cerebrali :
quello dove prevale la
razionalità e quello che
sviluppa emotività e
creatività.
Le opere presentate
mostrano questo dualismo
e valorizzano due
aspetti che raramente
coesistono nella natura
umana, ma si compensano
e segnalano caratteri
evolutivi nelle loro
espressioni migliori.
Prof. Claudio Lepri-
Critico d’arte
ARTISTES DU MONDE - CANNES 2016 /22-28 settembre 2016
Fantasy is the element that characterizes the production of Pia Broggio, Roman artist. Her bijoux, made with recycled materials, require a labour of minutes fittings and arrangement of elements inside containers shells.
From the artistic point of view the choice of the circle form in all the jewellery, expresses the desire for fullness and harmony of this excellent artist. Her first international debut is Tornatora Art Gallery.
Anna Astrella Maria Grazia Londrino - Tornatora Art Gallery
FRA ORIENTE E OCCIDENTE - Cloisonné d'use di Marialisa Monna e GEOMETRIE di Pia Broggio ROMA 25 e 26 maggio 2021
Pia Broggio -
Un’affollata solitudine
Pia Broggio è difficile da incasellare per un critico d’arte. Sempre che questo termine “incasellare” possa essere accostato a lei.
Scorgo un percorso appena decifrabile, eppure cospicuo, di produzione pittorica e non, animato da un denominatore comune. La riservatezza, intesa qui come ricerca continua del proprio spazio, del silenzio, della quieta sia essa fisica e interiore.
Pia Broggio potrebbe essere equivocata con il prototipo sociale borghese più tipico e classico che possa esistere. Un’esistenza tranquilla e la carriera nell’insegnamento, una famiglia unita, la vita nel quartiere romano Trieste, altro snodo totemico della società impigrita, appunto imborghesita, che lo popola da decenni.
Eppure, è il suo segno vagamente archetipico che tradisce una personalità tutt’altro che imborghesita. Pia avvia la pittura come autodidatta ed è una storia di passione, un hobby iniziale forse potrei dire, che avrebbe potuto condurla semplicemente verso la strada del puro dilettantismo.
Invece evolve. Parte dall’ovvio copiando i classici e cercando di affinare il tratto, ma dura poco. Senza grandi interrogativi esplora le proprie attitudini: l’astratto, il monocromo, il concettuale con risultati sempre degni e rimarchevoli. Ma un cambiamento la porta sulle sponde delle sperimentazioni ed ecco che emergono i suoi collage e le composizioni concettuali realizzate attraverso il riutilizzo creativo di ogni sorta di materiale. Qui vedo la notevole forza interiore che sottende tutto il suo percorso, la voglia di sperimentare, il tentativo di sintetizzare in un anagramma visivo le proprie inquietudini, i propri ricordi, le tenerezze, gli interessi, l’amore per la famiglia e per l’arte.
Molte delle sue composizioni sono pezzi di grande intuito visivo che portano a riflettere sulle sue scelte confrontandole con le proprie. A me è successo così guardando gli oggetti, le “micro installazioni” che propone all’osservatore sempre con un’ironia malcelata. Una leggerezza che c’è, forte e chiara, nel suo approccio figurativo apparentemente fin troppo classicheggiante e invece personalissimo, la vedo in molte delle sue opere che trasudano quella “joie de vivre” tutta transalpina, che la contraddistingue.
Una donna artista che ama la letteratura francese, le artiste avanguardiste di fine Novecento, la Garbatella a Roma. Un punto in effetti di partenza e di arrivo per una personalità alla perenne ricerca del suo cammino apparentemente solitario, ma perennemente affollato.
Claudio Strinati
UN SOGNO NELLA VEGLIA
Il primo approccio con Pia Broggio nasce in uno dei templi della borghesia romana, il quartiere Trieste. Pia vive in un elegante edificio sul corso principale ed omonimo che taglia il quartiere, figlio del rigoroso Piano regolatore dei primi decenni del Novecento.
Qui le strade, le facciate, le geometrie curate delle loro decorazioni, il rapporto con le alberature,
tutto ciò che si apre al nostro sguardo è in effetti opera d’arte. Un ambiente che predispone alla creatività in un certo senso, anche intesa come seconda vita, vissuta o meno che sia. L’ascensore d’epoca che mi porta da lei conferma le mie sensazioni, perché anche se restaurato, e bene, conduce verso il passato con il suo lento andare. L’ambiente che mi trovo di fronte parla da solo senza bisogno di troppe spiegazioni. È come trovarsi nella sintesi estrema di una lunga vita con un percorso definito. Come una barca in un certo senso, dove effettivamente il mare è presente nella sua vita sia pure quale riflesso degli affetti, per la passione del marito. Una passione altamente rappresentativa di questo ambiente. La sala mi accoglie piena delle sue opere d’arte ordinate e riposte secondo un criterio preciso, cronologico e tematico. Gli esordi e le copie dei classici, i primi timidi tentativi figurativi, il primo e fin troppo ovvio approccio all’informale e all’astrattismo puro verso i monocromi e le atmosfere rarefatte. Fin qui, un percorso relativamente classico per chi approccia l’arte inizialmente da autodidatta nell’attesa di una strada da prendere, se la prenderà. È qui, esattamente in questo frammento di tempo, che capisco di avere di fronte un’artista vera, perché d’un tratto assisto a un coup de théâtre.
Se è vero che spesso nel grande artista esiste un temperamento burlesco e canzonatorio di se stesso, che denota l’immane capacità di sdrammatizzare le proprie capacità e di non prendersi troppo sul serio – nonostante l’arte – vedo questo lampo nella produzione più recente di Pia. I suoi collages sono un viaggio nella memoria, nelle segrete stanze delle origini e delle evoluzioni della sua creatività. Le sue composizioni sono un invito all’interiorizzazione più profonda, alla ricerca del punto di fuga e d’inizio di un concetto. Trovo un’abilità stupefacente come in “Nonna Carla”, “Giappone “, “Invito “, passando per l’ironia di “La vigna “. Pia riesce a portarmi sui lidi della sintesi estrema che ha animato le avanguardie negli ultimi decenni del secolo scorso. E lo fa con una naturalezza che stupisce, come se l’avesse sempre avuto dentro.
In tutto ciò, la sua casa mi sembra un percorso a ritroso che porta a questo, memore dei riverberi marini della sua famiglia. Sì perché la sala della sua casa è il classico salotto borghese di una famiglia tranquilla, sia pure adornato d’arte e ispirazione, ma il percorso successivo è un viaggio nella memoria alla Kubrick.
C’è un elemento di raccordo nel suo appartamento tra gli ambienti diurni e notturni che trasfigura in un certo senso il passaggio nel suo linguaggio artistico. Perché è pieno di porte. Porte di transito che mi danno l’impressione di aprirsi e chiudersi continuamente, in un ritmo calmo, ma continuo. Verso ambienti sempre più piccoli, più raccolti, più intimi, e meno accessibili. In questo raccoglimento si cela il senso della sua evoluzione. Frammenti di memoria che si ricompongono e disegnano un sogno.
Un sogno nella veglia
Federico Strinati
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